lunedì 25 marzo 2013

è solo una gran fame


Tiro giù i piedi dal letto, faccio fatica ad alzarmi. Normale, non ho dormito affatto.
Raggiungo la cucina ondeggiando da una parte all’altra, e apro la finestra. Un cono di luce illumina con  dispetto il pavimento, per un attimo sono costretta a chiudere gli occhi.
Fuori la giornata sembra luminosa, sento già i rumori soffusi della vita cittadina, ma mi accorgo che l’ansia dei giorni trascorsi ancora è vigile dentro la mia testa.
Mi impongo di fare tutto con calma, sperando che i movimenti lenti riescano a sconfiggere quel nodo che sento dentro. Anzi, quel cappio al collo; mi accorgo che ho la schiena rigida dalla tensione e il respiro è quasi faticoso. Agitarsi non serve, ripeto dentro di me.
Nonostante i movimenti calmi, riesco comunque a fare qualche pasticcio, tipo smagliare le calze (che novità!!), indossare la maglia al contrario (ma porta fortuna! forse dovrei tenerla così...), e peggio! far cadere il bicchiere del caffelatte, però recuperato al volo (riflessi ancora giovani ..yes!).
Bene, pronta per uscire. Mi rimiro allo specchio del bagno e ….cribbio! ma quella faccia lì sono io? La pelle è bianchissima, quasi cadaverica, con le occhiaie che hanno deciso di continuare la presenza.
Ok: acchiappo al volo il correttore e do una leggera sfumatura. Poi il fard:  materializzo un po’ di salute sulle guance. Adesso va meglio, ora sembro la pubblicità del ministero dellla salute “punto.gov punto it.”  
Pazientemente mi incammino verso il mercato, con il carrello della spesa appresso, che fa un rumore bestiale con le sue ruote vecchie. Il cigolio mi da fastidio, ma sopporto lo stesso. In lontananza vedo tre signori anziani seduti alla panchina del giardino. Hanno le spalle girate al sole e giornali piegati sulle gambe. I loro visi sono allegri, uno di loro sta raccontando qualcosa che lo  fa smanettare e agitare le braccia. Passo davanti a loro, e tutti e tre si tolgono il cappello a mo’ di saluto. Io rispondo con un sorriso stiracchiato, facendo cenno con la testa. Quello che raccontava mi guarda e dice: “Signora mia ha la schiena curva come se portasse il peso del mondo!” Non mi va di parlare, però non è educato non rispondere. Mi giro verso di loro e sorridendo gli spiego che sono un po’ angosciata da problemi. E lui sorridendo mi risponde: “Io ho ottantacinque anni, ne ho passate di tutti i colori, ma le posso dire una cosa: la vita è breve, troppo breve. Se la goda, non è detto che domani sia così come oggi”
Ha ragione: non è detto che domani sia come adesso. Domani ci sarà qualcosa di bello. Domani ci saranno sorrisi per me. Come adesso. Tutti e tre seduti sulla panchina, mi sorridono e mi raccontano di un vecchio scherzo fatto anni fa ad un loro amico.
Decido di sedermi lì con loro, l’ansia sta passando, anche le mie spalle sono rivolte al sole e in quel momento mi accorgo che ho una gran fame di vita....

3 commenti:

  1. Un vecchio adagio recita: "se il giovane sapesse, se il vecchio potesse..."
    E con il passare degli anni mi accorgo di quanto una frase apparentemente banale racchiuda una quantità innumerevole di sfumatura di saggezza che, davvero, non basterebbe una vita ad approfondire. Ho superato da un po' i 50 e quindi sono in quella fase in cui sei ancora abbastanza giovane per renderti conto che il fulgore fisico, ormai, è passato e sei già abbastanza vecchio per capire che ogni giorno è un regalo del cielo; aspettare chissà che cosa e per quali motivi (paure, educazione, convenzioni sociali?), facendosi passare la vita addosso, è il reato peggiore che possiamo compiere verso noi stessi.
    La vita non è un film hollywoodiano, con l'happy end ed il resto; ma è la Nostra vita, è la nostra Storia, è ciò che resterà di noi quando non ci sarempo più.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "..facendosi passare la vita addosso" bellissimo, grazie del tuo commento Marco :)

      Elimina