giovedì 24 dicembre 2015

Ho sempre fame? Non è vero, o si ....

“Ho fame!” e quindi mangio. Alla faccia degli studi su questo “fenomeno”, vi dico che non tutte le donne sono da insalatina e merluzzo lesso.


A cena con gli amici per i fatidici auguri di natale.
Mentre ci sediamo al tavolo prenotato, noto che quasi tutti sono tutti “in tiro”. Non nel senso di abbigliamento, ma dal punto di vista fisico. E infatti qualcuno racconta di sedute estenuanti di ginnastica, corse domenicali e attenzione ai piatti in tavola.

L’’amico, seduto di fianco a me, ordina un perfetto petto di pollo ai ferri, spinacino fresco non condito (ci penso io poi!) e acqua minerale non gassata, ma leggermente frizzantina.
Io, tanto per fare da “contrappeso”, ordino un bel piatto di pasta alla amatriciana, accompagnata dal pane per raccogliere il sugo alla fine.
La pasta mi mette di buonumore e poi da energia, giusto? Quindi che avanzino i primi piatti!

“Caspita ma hai sempre fame?” si, ho sempre fame, e faccio subito la battuta: è meglio comprarmi un vestitino, che invitarmi a cena. Ma tengo a sottolineare che l’amico in questione mi vede SOLO quando organizziamo cene o pranzi. Per forza poi mi dici “hai sempre fame”!

Comunque io mangio, e mangio perché ho fame.
Quando? quasi sempre…. ad esempio:

perché sono stressata; quando la mattina arrivo in ufficio, dopo aver trascorso più di un’ora tra metro, bus e diligenza postale, ho bisogno di ricaricare le “batterie”, quindi passo prima al bar, mi affogo di cappuccino con due cornetti e poi corro in ufficio.

quando arrivo a casa e mentre sto cucinando. Perchè dopo una giornata di lavoro e corse varie per inseguire i mezzi pubblici, devo riprendermi. Appena apro la porta di casa ho bisogno di fare un pieno di calorie. Mentre mi spoglio per la doccia, agguanto un pacchetto di crackers o una bella fetta di pane casareccio, e lo finisco prima di entrare sotto l’acqua. Evito di annusare il bagnoschiuma alla vaniglia, altrimenti rischio di ingoiare anche quello.
E dopo, mentre spadello in cucina, mastico altri pezzi di pane, possibilmente oliati, distribuendo briciole da tutte le parti.
Lo faccio apposta, così ho un buon motivo per usare l’aspirapolvere Rumba :)

mangio quando ho dormito poco, soprattutto il dolce sembra diventare particolarmente appetitoso quando devo vincere il sonno. Alla faccia del diabete, mi ingozzo di caffé (ovviamente!) e biscotti e cornetti come se fosse l’ultimo giorno della loro produzione.

mangio quando sono innamorata: (in questi ultimi tempi non molto)

mangio quando non sono innamorata (praticamente sempre….)

Ma do il meglio quando devo servirmi al buffet. Sono una stratega nel costruire un piccolo Empire State Building sul piatto, fatto di tramezzini, canapè, risotti freddi, gamberetti, pizzette rosse, affettati, con finale di patatine fritte.
E orgogliosa della mia struttura, sono quella che riesce a guadagnarsi un posto a sedere. Ma anche se resto in piedi non mi faccio problemi.

Perciò che vi devo dire? Si forse avete ragione voi: ho sempre fame, però riesco a stare in perfetta forma fisica perché conquistare un piatto è una corsa all’ultimo respiro, e sono capace di fare kickboxing per conquistare una fetta di torta.

Bene, tenetevi pure il vostro petto di pollo alla griglia con verdura scondita. Io ho bisogno del mio buon umore, e passatemi il cellulare che devo postare la foto della mia amatriciana.
Ciao INVIDIOSI ATLETI!!!


p.s.: sono il velociraptor dei buffet. Sapevatelo!

(da Braciamiancora.com)

domenica 6 dicembre 2015

Un post semplice. Prima del Natale.

La paura. Una sconosciuta? No, per niente.

Tutti abbiamo paura di qualcosa, di quello che può sfuggire al nostro controllo, dell'imprevedibile o dell’imprevisto.
Ormai viviamo una paura quotidiana ; una paura di quello che succede o che potrebbe succedere durante la nostra giornata.

Lo dimostrano i continui commenti che senti dalle persone comuni, dagli articoli che leggi sui giornali, o dai programmi culturali televisivi.

C'è la paura della povertà, che avanza sempre di più nel nostro paese, e che il governo italiano non riesce ad arginare (?).
C'è la paura alimentare,  gli allarmismi su quello che mangiamo, cibi soggetti a trattamenti chimici per abbattere i batteri e, in alcuni casi, spacciati come “necessari” per aumentare la produzione.
C'è la paura delle malattie e dei virus, al punto tale che si ha paura anche per i vaccini.
E poi c'è la paura della “follia religiosa” che è diventato argomento fisso dei telegiornali.

Viviamo male in un mondo che ci fa male.
Viviamo con la paura di qualcosa che può succedere.

Ora, a parte eventuali discussioni su fobie personali, e/o sicurezza dei paesi, personalmente più di una volta mi viene da confrontare questi ultimi anni con quelli passati, quando non vivevamo tutta questa paura. Parlo, in particolare, degli anni settanta, periodo che ho vissuto intensamente e che mi manca tanto.

Ricordo che si parlava di vaccinazioni per la scuola e non c'era tutta questa paura sugli effetti che potevano dare o quanto altro.In fin dei conti è grazie ai vaccini che è stato possibile sconfiggere certe malattie, come la polio ad esempio (tanto per citarne una).

Si giocava per strada e ci si faceva male durante una partita a pallone, oppure andando in bicicletta, e il disinfettante era il classico fazzoletto bianco bagnato sotto l'acqua del “nasone” e messo sul livido, o sul graffio della caduta. Era un modo per tener pulita la ferita.
E non è morto nessuno.

Ci si arrampicava sugli alberi dei parchi per raccogliere le nespole. Le staccavamo dal ramo e le facevamo cadere a terra, poi, sempre con il solito fazzoletto bianco bagnato, le pulivamo la polpa  e le mangiavamo subito.

Ricordo che nel fine settimana si rientrava tardi a casa dopo la discoteca (anche alle due o tre di notte) e i nostri mezzi di trasporto erano motorini scassati, qualcuno aveva già la macchina perché aveva il “foglio rosa”. Ma rientravamo tutti interi ed in piedi, solo le orecchie erano ancora ronzanti per la  musica troppo alta e piedi gonfi per il troppo ballare.
Nessuno ha mai avuto problemi durante il ritorno a casa, nessuno si è perso per strada.
E se casomai succedeva qualcosa, si chiamava un amico da una cabina telefonica con il gettone, che subito usciva di corsa per venirti incontro e portarti a casa.

Non avevamo paura, forse perché eravamo tutti più vicini. Ci si faceva coraggio l'uno con l'altro, ci si confrontava e si discuteva. Ci si conosceva veramente.

Eppure erano anche  gli “anni di piombo”, gli anni in cui era facile sentire le sparatorie fuori dai licei “politicizzati” di quei tempi. C'erano le cariche della polizia durante i cortei, ma non ci importava. Noi marciavamo dritti su Via del Corso, direzione  Palazzo Chigi, con il volto scoperto e con bandiere e striscioni che inneggiavano alla libertà di scelta,  all'aborto, al diritto allo studio e al lavoro per tutti.
C'erano le telecamere della televisione che ci riprendevano e non ce ne fregava nulla.
Noi eravamo lì pronti a dare tutto pur di ottenere attenzione e – si lo ammetto! – a far paura ai nostri politici, a fargli capire che noi potevamo diventare il loro peggior nemico.

E adesso? Adesso non ci si parla più. Adesso cerchiamo cibi sempre più biologici, adesso respiriamo tutti i giorni le polveri sottili,  e la sera facciamo l'aerosol a casa. Adesso non facciamo i vaccini perché danno effetti collaterali. Adesso ci guardiamo intorno mentre aspettiamo la  metro, e guai se viene avvistato qualche zaino o borsa abbandonati sotto una panchina!

Proprio adesso che abbiamo una tecnologia capace di sostituire l’uomo durante un intervento chirurgico, adesso che stiamo ammirando le foto fatte su Marte, adesso che abbiamo internet che ci collega con un parente che vive nell’emisfero opposto, abbiamo paura.
Ora che potevamo essere liberi di goderci il mondo, di goderci la vita, abbiamo paura.
E mi dispiace dire a mia nipote “quanto erano magnifici quegli anni” , però  continuo a sperare in futuro diverso, perché sarebbe veramente uno spreco della vita non approfittare di essere felici con tutto quello che è stato scoperto…





venerdì 25 settembre 2015

Ma quanto parliamo?!

Noi donne parliamo, tanto. Anche con le mani e braccia. 
E gli uomini? macché...

Sempre così, da secoli. Quando una donna deve dire qualcosa, lo dice e anche a sue spese. Ma con tante parole.
Secondo gli studi dei due scienziati J. Michael Bowers e Margaret MacCarthy, la parlantina delle donne è causata dalla proteina Fox2p che il sesso femminile produce di più.
Uomini  avete sentito? Non è colpa nostra!!!
Abbiamo una proteina in eccesso, dipende da questo se parliamo tanto e gesticoliamo, come se fossimo ad un corso di mimo.

Questa stupida proteina si manifesta purtroppo anche nei messaggini che inviamo. I nostri sms sono sempre di qualche ...carattere in più. 
Quelli degli uomini, no. In effetti loro sono più sintetici: un semplice "ok" di risposta per sms, vale tanto quanto tutte le parole dette da noi. 
Un po' come una volta si diceva "Crepa!" con gli amici, una parola sola, ma semplice e secca, e avevi espresso tutto.


E gli emoticon?

Noi amiamo le faccine, di tutti i tipi. 
Sorridenti, tristi, con il sudore sulla fronte. con il broncio... e pure con l'occhietto da "La so lunga!". Le faccine enfatizzano i nostri messaggini. 

Ad esempio se ti dico "quante valigie faccio? ;)" che faccina vedi? Una faccina con l'occhietto. Bene, ma sai cosa vuol dire? 
Che non ti devi spazientire e che voglio portare una valigia GRANDE! perché voglio essere carina per te quando siamo fuori, e mi serve tutto l'armadio con tutti i trucchi nel beauty case.
E' chiaro no? ;) 
Tutte le faccine per noi hanno un significato fatto di tante parole; quindi con le emoticons risparmiamo un sacco di frasi in più. 
Però se voi non sapete dare la giusta "traduzione", allora queste non servono e tanto vale ritornare a scrivere tanto.

E tu maschietto non devi  rispondere al mio sms, di cui sopra, scrivendo solo: "due" (aggiungere la parola valigie è un eccesso) e punto. 
Mettici almeno una faccina, magari semplice, ma ti prego! Voglio la faccina e sorridente, possibilmente.


Emoticons... da maschio!

A proposito di faccine, gli uomini che usano le emoticons non sono tanti, ma quelli che lo fanno, ne usano di particolari.
Una emoticon che mi è capitato di vedere, ed è pure usata spesso, è la cacca. 
Si avete capito bene: la cacca! Quella cosa di colore marrone, fatta a monticello e con gli occhietti sorridenti sopra. Quando mettete l'emoticon della cacca, mi fate impazzire! 

Ho fatto alcune associazioni di idee su ciò che volete dire:
- "Non sopporto di fare shopping con te,  ma mi piaci lo stesso"
- "MI fai sbracare dalle risate! Sei proprio stimolante"
- "Ho preso una purga e me lo sto spassando al bagno col nuovo numero di "For Men""

E poi ce ne sono altre, come la principessa (che secondo me lo usate per messaggiare con la tipa che voi chiamate "figa di legno"),  la melanzana (che non lascia dubbi sul significato!), il bicipite muscoloso (che vuol dire che andate in palestra a farvi i muscoli, credo....) ma sempre con pochissime parole.

Noi siamo fatte così. Dobbiamo parlare, dobbiamo raccontare. 
Ma occhio! anche noi odiamo quelli - o quelle - che parlano troppo! 

Io non uso tante parole per dire o scrivere, ma dipende pure se mi trovo in un momento di stanchezza, ultimamente sto diventando un tipo di poche parole. Proprio come gli uomini.
Ma quel poco che dico, è sempre GIUSTO!.

Dai: adesso lo mettiamo un bel emojj con il pollice in sù e con tante parole che mi dicono: quanto ti voglio bene, mi piaci da impazzire, non vedo l'ora di vederti....?

(Oh ragazzi! e mica devo scrivere tutto io!)



 p.s.: ciao ciao... :) 
   




venerdì 11 settembre 2015

Usciamo a fare shopping? (...aiutatemi!)

“Voi donne amate lo shopping. Ma noi uomini no!”



Che ci crediate o no, anche una donna può avere dei problemi nel fare shopping.
Ad esempio: io.


Premessa: mi piace avere dei vestiti nuovi, o scarpe (più vestiti però!), ma l’idea di uscire e camminare in una strada affollata, a cercare un capo nuovo, mi fa venire l’ansia.
La mia idea di shopping ideale è avere un negozio tutto per me, il parcheggio per l’auto davanti all’ingresso, una commessa discreta, camerino grande con aria climatizzata e specchio con le luci giuste.
Troppo, vero?


Alla frase “Usciamo a fare shopping?” ad alcune donne si illuminano gli occhi, e la pelle del viso diventa di un rosa acceso. Io, invece, gli occhi li alzo al cielo e mi viene la faccia della Merkel quando parla dello spread, neanche mi avessero detto: “Ti butti dalla finestra per me, per favore?”
Faccio shopping solo se mi serve un abito, un capo particolare per un evento speciale, quindi solo per necessità di vestiario. Andare per negozi per me è una impresa epocale, che mi da senso di smarrimento e mi fa prevedere una crisi di nervi.


E allora come faccio ad entrare in un negozio? Semplice: attuo una mia strategia anticrisi emotiva:
evito gli store dove c’è una ressa di femmine, che sembrano delle arene dove le donne si trasformano in valchirie.


prima di entrare, assumo un atteggiamento da “donna invisibile”, così posso guardare quello che mi serve, cercando di non farmi notare da commesse che cominciano poi a seguirmi, per decantare quel vestito e dare i “consigli giusti”.


Per carità, avere consigli è bello! Ma sono pochi i commessi capaci di scegliere, al posto tuo, il capo giusto per misure e colore. E se mi capita di conoscerne uno, è facile che diventi una cliente fissa.
L’arte del saper consigliare, senza essere critici o invadenti, è sempre ben apprezzata da un cliente.


Ma se capita che mi serve un vestito, e cheil mio negozio preferito non ce l’ha?
Eh! purtroppo mi tocca andare in uno nuovo.
Dopo aver messo in atto la mia pratica di invisibilità, entro e mi dirigo subito verso il settore che mi interessa.
Scelgo uno o due capi AL MASSIMO! e  prego Nostra Signora Chanel dello Shopping per trovare un camerino libero.
Una volta esaudita la mia preghiera, inizia la parte più noiosa.


Mi spoglio e le luci bianche del soffitto, che illuminano impietosamente il mio corpo, riflettono nello specchio un’immagine pallida delle membra, con rughette sul viso; mi impongo di non guardare per non farmi prendere dalla voglia di fuggire e trasferirmi in una giungla, dove basta una tunica di pelle per coprirsi.


Provo il primo capo. E - sempre! - il cartellino del vestito, anzi, i due cartellini del vestito si impicciano nei capelli, e quando tiro l’abito in giù, questi restano girati all’interno, facendo grinze alte sulle spalle, capaci di far scomparire il collo.


Quando passo a provare il secondo capo, sono già distrutta e sudata, come se avessi fatto un’ora di palestra. E mentre mi sto finalmente rivestendo e già sento l’aria della libertà aleggiarmi sul viso, ecco che arriva la commessa, che urla da fuori un “Come va? Perché ci sono altre taglie in altri colori...”


Uscendo dal camerino-sauna, sbatto sempre contro una che sta nel corridoio a rimirarsi allo specchio, e che approfitta per farmi fa la classica domanda: “Scusi secondo lei mi fa il culo grosso?”
Ohdiomio!
“Assolutamente no!” rispondo mentre asciugo la fronte.
Ha ventimila capi da provare che sono appesi nel suo camerino, è inutile dire che quel vestito non va bene; perché sicuramente quella è una donna che non sa cosa vuole, e ha già deciso che comunque le “fa il culo grosso”.


“Signora è sudata, vuole un ventilatore mentre le porto gli altri diecimila vestiti?”
NO. Voglio uscire da qui.


E dopo essere scappata dal negozio, cerco subito un bar.
Ho bisogno di fare incetta di grassi e caffè, devo riprendere le energie per ricordare perché sto in giro per negozi….., ma soprattutto: DOVE HO MESSO L’AUTO!?


Eh cari uomini! Come vi capisco!
Per questo preferisco l’uomo che ama e fa molto sport, perchè a lui basta una tuta indossata su spalle larghe e gambe lunghe che… ecco fatto! E’ a posto.


Niente shopping, ma tanto amoooore ….:)


p.s. io non sudo nei camerini-sauna, io divento SPARKLING!



le strade affollate dello shopping... vai tu! io resto a casa










giovedì 3 settembre 2015

Non è al momento raggiungibile

Quello che non sopporto è quando lui è irraggiungibile.


Noi donne abbiamo un  po’  la mania di controllare sempre il nostro smartphone, ma anche il resto,  purtroppo! come ad esempio controllare cosa scrive e che foto posta i nostro uomo..


Io sono una di quelle che non spengono mai il cellulare, neanche la notte.
Perché? Semplice!
Perchè se mi dovessi svegliare improvvisamente, posso prendere lo smartphone e controllare cosa ha postato sui social. :).
E se trovo qualcosa che ha scritto, ecco che mi scateno a scrivere anch'io, e a rispondere al suo post, a twittare, a mandargli messaggi su WhatsApp (maledetta app!).
E lui? non replica. 
Perchè sei troppo impegnato a fare cosa? il cascamorto con un’altra?


No. Voglio dargli un’altra chance.
Il controllo è una mania, (si dice che sia solo femminile, ma non è vero)


Se ti chiamo, e sei irraggiungibile, è perché il tuo telefono è in modalità aereo.
Ecco, stai volando verso una nuova meta.
Oppure verso una tua nuova ...metà?
Magari stai solo riposando e vuoi staccare la spina, ma resta il fatto che sei irraggiungibile ed.ecco che mi faccio il film in testa subito.
Un film romantico, che sfocia nel sexy, e dove la protagonista non sono io ma un’altra...
Un film così ricco di particolari che quasi quasi mi cerco anche un agente e uno sponsor.

Oppure sei sotto una galleria, e quindi non prende la linea.
Poverino si è perso nella galleria del Monte Bianco da tre giorni!
Oppure è sotto la Manica!
Mi viene in mente di chiamare i pompieri, solo loro possono tirarti fuori dal tunnel e da quel silenzio totale che ormai non sopporto più.


E se fosse in una riunione a salvare la società e tutti i dipendenti?
Sei il mio eroe! Bravo! Sei bloccato da ore, giorni addirittura, in una mega riunione dove non sono ammesse interruzioni e smancerie. E’ un affare troppo grande e i soldi in ballo sono tantissimi. Il testosterone si respira nell’aria della sala riunioni e lui è pronto a sferrareun attacco al potere.
E presto, quando tutto sarà finito, la nostra vita sarà meravigliosa!


Oppure mi avrai dato un numero sbagliato?
Accidenti che sbadato che sei! Ora cerco di capire dove abiti, così ti raggiungo e ti citofono e mi dai il numero esatto.


Ma sei irraggiungibile solo per un motivo: stai facendo la corte ad un’altra.
Che sollievo, adesso l’ho capito e mi basta così. Mi metto l'animo tranquillo e non penso più ai miei film in testa...
E non importa, tanto domani sarà una giornata fantastica!

Ora mi butto giù a dormire, che sono ancora le tre….


p.s. abbattete quell’app di WhatsApp!


Uffa! ancora irraggiungibile ....



domenica 16 agosto 2015

Voglio diventare anch'io una carioca!

Una giornata per me, una giornata dedicata a me, perdendo tempo. 


Voglia di prendere un po’ di sole, ma con il traffico che impazza sul raccordo, preferisco andare in piscina.
Sdraiata su un lettino azzurro turchese, lucida di crema solare e con un libro nuovo da leggere poggiato a bordo ombrellone, mi rilasso guardando la gente che affolla lentamente il resto della piscina.

C’è il papà che si sente l’allenatore del mondo, che urla alla figlia in acqua di battere forte le gambe, mentre questa nuota sul dorso. Urla come  se stesse allenando una campionessa.
In effetti la bimba è veramente brava, ma provo pena per lei. Avrà meno di dieci anni ed è una giornata di sole e sta facendo vasche su dorso con un padre che urla istruzioni su come e cosa fare.
Sta dando le ultime battute prima di arrivare al bordo, e il padre urla: “Su il mento! SU IL MENTO!”   - ma solo a me da fastidio?
Lascio perdere l’allenatore e mi concentro su una tipa che si sta spalmando la crema un paio di lettini più giù. La riconosco subito: è la donna “carioca”. Chiamo così quel tipo di donna un po’ .. colorata.
Labbra e unghie di mani e piedi color rosso rubino, il bikini è nero, ma il pareo è coloratissimo per non parlare del cappello in paglia a falda larga.
I capelli sono leggermente ramati e lei attorciglia una ciocca mentre legge una rivista, o guarda con occhi sognanti il panorama.

Di fronte a me, al lato opposto, c’è un bel tipo. Fisico atletico, bei bicipiti e tartaruga ben in vista. Insomma un dio greco sceso in terra, ma che è rimasto ancora dio!
Si alza dal lettino in modo atletico e scattante, facendo guizzare i muscoli delle gambe. Si avvia verso la doccia e si tuffa in piscina, iniziando una serie infinita di vasche a stile libero.

Dal dio greco, lo sguardo passa al bagnino. Anche lui atletico, muscoli scattanti e – finalmente! – sorridente. Si avvicina a me chiedendo se è tutto a posto: lettino, ombrellone….
Si tutto a posto, solo una cosa che non va: l’età. Magari avessi qualche anno di meno!
Ma questo non lo dico, lo penso soltanto.

Nel frattempo, mentre indugio sulle prime pagine del romanzo, il dio greco si ferma.
Appoggia le braccia lunghe sul bordo piscina, cercando di regolarizzare il fiato.
La donna carioca lo fissa subito, si alza con movenze molto femminili, sembra fatta di burro, con curve messe “nei punti giusti”. Con andatura stile “gelatina” si avvicina al bordo e si siede. Prima di infilare un piedino grazioso dentro l’acqua, guarda il dio greco ansimante e gli chiede: “E’ fredda l’acqua?”  Lui gira lo sguardo, mentre fa scivolare le mani sui capelli scuri e bagnati per tenerli indietro, e gli risponde semplicemente “Per me è calda. Ma io ho fatta trenta vasche…” Lei sgrana gli occhi e risponde: “Cioè l’acqua diventa calda dopo trenta vasche? E non si può fare qualcosa?”
Ohdiomio!!! Ecco cosa adoro della donna “carioca”: la capacità di dire cose stupide senza perdere sensualità.
Il dio greco sorride, e risponde che comunque l’acqua è calda. Lei continua: “Forse è bene che prenda una tavola di gomma per poggiarmi, non so nuotare bene e mi bagnerei i capelli, mi può passare quella vicina a lei?” Il dio greco, sempre sorridendo, porge una tavoletta color rosso. “Oh grazie! Sa preferisco il rosso, per questo ho voluto questa!” cinguetta la “carioca”.
Wow! Sto prendendo lezioni di sensualità: è così che si abborda un dio!

Lei scivola lentamente dentro l’acqua – proprio come il burro in una padella calda! –, si appoggia mollemente sulla tavoletta rossa, sbattendo le gambe piano. “Uh! Che pensa, mi fare bene alle gambe?” -  “Sicuro! Ma le sue gambe sono già belle così!” risponde il dio greco.
Ecco, io pecco in questo: non sono brava a fare la donna “carioca”. Prendo appunti.

Il dio greco continua a respirare profondamente, la “carioca” sguazza felice ogni tanto si danno un’occhiata fugace e si sorridono. Pare che tutto stia filando liscio sotto il sole!

Ma poi il dio si dirige con due bracciate verso le scalette, esce dalla piscina lisciandosi ancora una volta i capelli nero ebano con le sue mani perfette. Con camminata sicura, da farti perdere la testa, si dirige verso il suo lettino.
Lei continua a sgambettare dentro l’acqua, e noto che ci rimane male.
Ricordatevi che alla “carioca” piace stare al centro dell’attenzione!

Nel silenzio si sente un cellulare che squilla, il dio greco guarda il display e risponde con un sorriso talmente abbagliante da provocare incidenti agli automobilisti in fila sull’ardeatina: ”Ehi Amore aspettavo di chiamare, non ti volevo svegliare”
Ecco! Ha una compagna, sicuramente è Artemide. Il destino vuole così: i meglio sono sempre già presi.
Pazienza.

Domani andrò al mare, magari lì ci sarà da divertirsi di più e prendere altre lezioni di sensualità.

…E mi vestirò con pareo colorato e labbra rosso rubino…funzionerà?

  
Foto di "If Art could talk" tumblr_mm7toomZZJ1rkoplbo1_1280




martedì 11 agosto 2015

Non basta: voglio dirti di più


Buon compleanno! E’ così facile da dire, ma a me non basta.

Buon compleanno alle tue risate forti, alle tue pazzie e ai tuoi infiniti sogni.

Buon compleanno alla tua voglia di vita nel sole e nell’azzurro del mare.
Alla voglia di fare l’ultima nuotata al tramonto. A voler accendere il falò sulla spiaggia quando è notte.

Buon compleanno alle corse in macchina, alla tua voglia di urlare e ridere nella velocità.
Alla tua pazienza di insegnarmi a guidare e darmi sempre i consigli giusti.

Buon compleanno a tutte le volte che mi hai sollevato da terra e mi hai incoraggiato  a stringere denti e pugni per non rimanere chiusa nell’angolo.

Buon compleanno a tutte quelle mattine che mi facevi trovare dei fiori sul tavolo della cucina e mi ripetevi  “è per vederti sorridere, perché quando sorridi fai del bene a te, e agli altri”

Buon compleanno a tutte quelle volte che mi hai abbracciato, che mi hai perdonato e che mi hai asciugato le lacrime.

Buon compleanno a tutta la tua vita, e a quella che mi hai dato.

Buon compleanno a te perché eri il mio migliore amico.
Ora mi mancano da morire le tue esplosioni di vita, i tuoi balli sfrenati con gli amici,
le dediche d’amore alla tua donna speciale.

Buon compleanno a te grande amico mio.

Buon compleanno papà!