venerdì 14 giugno 2013

dica "amen" per favore


Sono un tipo strano, l’ho sempre ammesso. Con i suoi alti e bassi tra logica e speranza. Diciamo che cerco speranza sulla terra. Ultimamente mi piace definirmi uno che spala le nuvole sulla terra, e che cerca di guardare avanti con un sorriso, nonostante la realtà in cui vivio.

E tra questi alti e bassi, può capitare che senta il bisogno di entrare in una chiesa. Premetto che sono anni che non lo faccio. Non sono una praticante cattolica, ho difficoltà a credere in Dio, ma comunque appartengo a quella categoria che “provare non costa nulla”, quindi prego Dio quando ne ho bisogno. E se Dio non mi dovesse rispondere, non posso far altro che prendere atto della sua noia nei miei confronti.

Così, approfittando di un gruppetto di turisti che erano alla ricerca più del fresco, che dell’arte, mi sono mischiata a loro e sono entrata in una chiesa.

Lo sguardo è andato subito al soffitto e alle navate, dipinte in un modo da farti perdere la testa. Ma io non l’ho fatto, soffro di cervicale e me ne guardo bene a stare troppo tempo con il naso all’insù.

Con camminata tranquilla e disinvolta, mi sono seduta ad una panca poco distante dalla navata centrale, ascoltando la messa. Ho notato che non è cambiato molto dall’ultima volta che ne ho sentita una. I ritornelli sono quasi sempre gli stessi, forse più complessi e lunghi, credo che sia una tattica per vedere se gli utenti sono pronti a rispondere con una buona memoria. Io sono rimasta al vecchio “Ascoltaci O Signore”, semplice da ricordare, piuttosto diretto e senza fronzoli. Con “Ascoltaci O Signore” vai sempre dritto al sodo. Trovo inutile fare giri di parole già nella vita quotidiana, figuriamoci poi con un Dio, che avrà un bel da fare …

Il momento di maggior confusione è sempre rimasto la recita del Padre Nostro. Mai che si vada a tempo, c’è sempre quello, o quella, che va con il suo ritmo veloce, con voce nasale, evocatoria, ma pur sempre veloce. E quello che si perde alla seconda frase e che, per recuperare, declama direttamente l’ultima frase della preghiera. E immancabilmente è anche quello che si sbaglia; dopo l’ultima frase, nel silenzio quasi totale della chiesa, gli senti pronunciare “amen” (amen non si dice alla fine del Padre Nostro).

Per rispetto, mi sono alzata anch’io dalla panca e ho recitato il Padre Nostro, ma Lui c’era lì ad ascoltarci? Ho sempre immaginato che invece di essere presente dietro l’altare, fosse seduto una panca dietro la mia. “Scambiatevi un segno di pace” – do una stretta di mano a quella che mi sta davanti. Poi mi giro alle spalle e stringo la mano al signore dietro di me. Magari mi fa l’occhiolino e mi dice. “Allora? Sono io, non hai nulla di chiedere?”

Lasciamo perdere che ne ho di cose da chiederti. Poi tu non sei quello che vede e sente tutto?

“Si, vero. Io vedo e sento tutto.”

Mi siedo ad aspettare che il momento della comunione. La fila dei fedeli è piuttosto lunga, e  permette di andare avanti con la discussione.

Allora se vedi e senti tutto perché non fai qualcosa di utile e ti dai da fare? A che servi se stai lì solo a sentire e guardare senza agire. Sei un Dio, mica un voyeur!

Sorride radiosamente, sapendo che solo un sorriso radioso delle volte può far veramente abbassare la guardia. “E perché tu, invece di lamentarti e domandare in continuazione, non agisci di più?”

Ah no! Non ci casco caro mio. Io sono un essere umano, e come tale ho dei limiti fisici, mentali e temporali. Tu no. Tu hai poteri, come quelli di un mago. Sai leggere nella testa e nell’anima. Puoi far cambiare il percorso delle vite. Sei tu quello che ha responsabilità di fare e cambiare.

Rimane perplesso, con le braccia conserte, mirando il soffitto. Dai suoi occhi percepisco una certa mitezza, quella che io chiamo un’assenza di ostacoli, e ghermire una assenza di ostacoli non è facile, è meglio avere un muro, almeno puoi valutare le resistenze e le debolezze.

La fila della comunione sta quasi per terminare. Lui non mi ha più parlato. E’ ovvio. L’ho stretto davanti alla sua responsabilità. Mi rigiro per vedere la sua espressione, ma resto delusa: mi sorride.

“allora? E’ inutile dire quello che desidero. Lo sai benissimo. E’ da una vita che aspetto un momento che riesca a cambiare tutto!” gli dico.

“allora fallo e cambia!” mi risponde con estrema pacatezza, come se fosse la cosa più semplice da fare e che in realtà non è semplice per niente. Sento che mi monta la rabbia dentro. Mi rigiro di nuovo e urlando…sottovoce (c’è gente che prega qui!) gli rispondo “Ma che diamine dici…”

“Ehi non parlarmi così! “ – “Ops, scusami hai ragione. Perché mi dici questo? Lo sai che ho provato e riprovato. Ed eccomi. Senza nulla in mano. Senza un futuro. Anzi ho la sensazione di aver perso tempo e di non averne più!”

“vedi la visione dell’essere umano come è ristretta? Prova invece già da adesso a cambiare. Prova e riprova. Non puoi sapere se stai aprendo la porta giusta. Come non puoi sapere se quello che cerchi in realtà ce l’hai già sotto il naso. Il tuo problema è che sei proprio un umano, e misuri tutto con i limiti fisici e logici. Prova invece a misurare con i sogni. O con le nuvole. Visto che le sai spalare sulla terra.”

Uff! è inutile parlare con lui, parla sempre per enigmi. E’ da una vita ormai che lo fa!

Finisce la funzione, l’ultimo segno della croce. Finalmente si può dire amen senza sbagliare e rendere grazie a Dio.

Raccolgo la borsa lasciata davanti, mi giro e lui non c’è. Non c’era neanche prima.

Esco fuori sulle scalinate, il vento fa svolazzare il foulard attorno al collo, mi diverte  ripensare allo scambio di battute fantasiose avute poco fa. Ma cambierò.

domenica 2 giugno 2013

Quattro passi con le ali


Sono come un folletto. Mi alzo su verso il cielo e spiego le ali giuste. Oggi faccio quattro passi fra le nuvole. MI siedo sulla nuvola più grande e guardo la città. Tante persone piccole che camminano sulle strade, macchine che sfilano nel traffico. Non c’è rumore quassù, non ci sono spie quassù, esisto solo io. Non è poco!.

Svolazzo  sull’altra nuvola, osservo il mare da lontano, oggi il sole da spettacolo.  E di quei travagliati giorni non ho ricordi, so che eri accanto a me e che mi aiutavi contro il mondo. Ora sento la mancanza di quell’aiuto, ma  mi chiedo dov’è quel coraggio?

Volo ancora, vedo i palazzi, le piazze che si riempiono di gente, vedo sorrisi, vedo abbracci. E’ tutto più bello visto da quassù. Non voglio scendere, dai ! ancora un altro giro!

Proseguiamo verso le montagne, eccole laggiù, arrivo sulla cima e un panorama da rimanere senza fiato! L’aria è forte e ubriaca la testa. Dai ! ancora un altro giro.

Ma le ali mi riportano alla nuvola di prima. E ora di scendere, fa nulla.

Capiterà poi di rifare una passeggiata…