Sono
un tipo strano, l’ho sempre ammesso. Con i suoi alti e bassi tra logica e
speranza. Diciamo che cerco speranza sulla terra. Ultimamente mi piace
definirmi uno che spala le nuvole sulla terra, e che cerca di guardare avanti
con un sorriso, nonostante la realtà in cui vivio.
E
tra questi alti e bassi, può capitare che senta il bisogno di entrare in una
chiesa. Premetto che sono anni che non lo faccio. Non sono una praticante
cattolica, ho difficoltà a credere in Dio, ma comunque appartengo a quella
categoria che “provare non costa nulla”, quindi prego Dio quando ne ho bisogno.
E se Dio non mi dovesse rispondere, non posso far altro che prendere atto della
sua noia nei miei confronti.
Così,
approfittando di un gruppetto di turisti che erano alla ricerca più del fresco,
che dell’arte, mi sono mischiata a loro e sono entrata in una chiesa.
Lo
sguardo è andato subito al soffitto e alle navate, dipinte in un modo da farti
perdere la testa. Ma io non l’ho fatto, soffro di cervicale e me ne guardo bene
a stare troppo tempo con il naso all’insù.
Con
camminata tranquilla e disinvolta, mi sono seduta ad una panca poco distante
dalla navata centrale, ascoltando la messa. Ho notato che non è cambiato molto
dall’ultima volta che ne ho sentita una. I ritornelli sono quasi sempre gli
stessi, forse più complessi e lunghi, credo che sia una tattica per vedere se
gli utenti sono pronti a rispondere con una buona memoria. Io sono rimasta al
vecchio “Ascoltaci O Signore”, semplice da ricordare, piuttosto diretto e senza
fronzoli. Con “Ascoltaci O Signore” vai sempre dritto al sodo. Trovo inutile
fare giri di parole già nella vita quotidiana, figuriamoci poi con un Dio, che
avrà un bel da fare …
Il
momento di maggior confusione è sempre rimasto la recita del Padre Nostro. Mai
che si vada a tempo, c’è sempre quello, o quella, che va con il suo ritmo veloce,
con voce nasale, evocatoria, ma pur sempre veloce. E quello che si perde alla
seconda frase e che, per recuperare, declama direttamente l’ultima frase della
preghiera. E immancabilmente è anche quello che si sbaglia; dopo l’ultima
frase, nel silenzio quasi totale della chiesa, gli senti pronunciare “amen”
(amen non si dice alla fine del Padre Nostro).
Per
rispetto, mi sono alzata anch’io dalla panca e ho recitato il Padre Nostro, ma
Lui c’era lì ad ascoltarci? Ho sempre immaginato che invece di essere presente
dietro l’altare, fosse seduto una panca dietro la mia. “Scambiatevi un segno di
pace” – do una stretta di mano a quella che mi sta davanti. Poi mi giro alle
spalle e stringo la mano al signore dietro di me. Magari mi fa l’occhiolino e
mi dice. “Allora? Sono io, non hai nulla di chiedere?”
Lasciamo
perdere che ne ho di cose da chiederti. Poi tu non sei quello che vede e sente
tutto?
“Si,
vero. Io vedo e sento tutto.”
Mi
siedo ad aspettare che il momento della comunione. La fila dei fedeli è piuttosto
lunga, e permette di andare avanti con
la discussione.
Allora
se vedi e senti tutto perché non fai qualcosa di utile e ti dai da fare? A che
servi se stai lì solo a sentire e guardare senza agire. Sei un Dio, mica un
voyeur!
Sorride
radiosamente, sapendo che solo un sorriso radioso delle volte può far veramente
abbassare la guardia. “E perché tu, invece di lamentarti e domandare in
continuazione, non agisci di più?”
Ah
no! Non ci casco caro mio. Io sono un essere umano, e come tale ho dei limiti
fisici, mentali e temporali. Tu no. Tu hai poteri, come quelli di un mago. Sai
leggere nella testa e nell’anima. Puoi far cambiare il percorso delle vite. Sei
tu quello che ha responsabilità di fare e cambiare.
Rimane
perplesso, con le braccia conserte, mirando il soffitto. Dai suoi occhi
percepisco una certa mitezza, quella che io chiamo un’assenza di ostacoli, e
ghermire una assenza di ostacoli non è facile, è meglio avere un muro, almeno
puoi valutare le resistenze e le debolezze.
La
fila della comunione sta quasi per terminare. Lui non mi ha più parlato. E’
ovvio. L’ho stretto davanti alla sua responsabilità. Mi rigiro per vedere la
sua espressione, ma resto delusa: mi sorride.
“allora?
E’ inutile dire quello che desidero. Lo sai benissimo. E’ da una vita che
aspetto un momento che riesca a cambiare tutto!” gli dico.
“allora
fallo e cambia!” mi risponde con estrema pacatezza, come se fosse la cosa più
semplice da fare e che in realtà non è semplice per niente. Sento che mi monta
la rabbia dentro. Mi rigiro di nuovo e urlando…sottovoce (c’è gente che prega
qui!) gli rispondo “Ma che diamine dici…”
“Ehi
non parlarmi così! “ – “Ops, scusami hai ragione. Perché mi dici questo? Lo sai
che ho provato e riprovato. Ed eccomi. Senza nulla in mano. Senza un futuro.
Anzi ho la sensazione di aver perso tempo e di non averne più!”
“vedi
la visione dell’essere umano come è ristretta? Prova invece già da adesso a
cambiare. Prova e riprova. Non puoi sapere se stai aprendo la porta giusta.
Come non puoi sapere se quello che cerchi in realtà ce l’hai già sotto il naso.
Il tuo problema è che sei proprio un umano, e misuri tutto con i limiti fisici
e logici. Prova invece a misurare con i sogni. O con le nuvole. Visto che le
sai spalare sulla terra.”
Uff!
è inutile parlare con lui, parla sempre per enigmi. E’ da una vita ormai che lo
fa!
Finisce
la funzione, l’ultimo segno della croce. Finalmente si può dire amen senza
sbagliare e rendere grazie a Dio.
Raccolgo
la borsa lasciata davanti, mi giro e lui non c’è. Non c’era neanche prima.
Esco
fuori sulle scalinate, il vento fa svolazzare il foulard attorno al collo, mi
diverte ripensare allo scambio di
battute fantasiose avute poco fa. Ma cambierò.