giovedì 24 dicembre 2015

Ho sempre fame? Non è vero, o si ....

“Ho fame!” e quindi mangio. Alla faccia degli studi su questo “fenomeno”, vi dico che non tutte le donne sono da insalatina e merluzzo lesso.


A cena con gli amici per i fatidici auguri di natale.
Mentre ci sediamo al tavolo prenotato, noto che quasi tutti sono tutti “in tiro”. Non nel senso di abbigliamento, ma dal punto di vista fisico. E infatti qualcuno racconta di sedute estenuanti di ginnastica, corse domenicali e attenzione ai piatti in tavola.

L’’amico, seduto di fianco a me, ordina un perfetto petto di pollo ai ferri, spinacino fresco non condito (ci penso io poi!) e acqua minerale non gassata, ma leggermente frizzantina.
Io, tanto per fare da “contrappeso”, ordino un bel piatto di pasta alla amatriciana, accompagnata dal pane per raccogliere il sugo alla fine.
La pasta mi mette di buonumore e poi da energia, giusto? Quindi che avanzino i primi piatti!

“Caspita ma hai sempre fame?” si, ho sempre fame, e faccio subito la battuta: è meglio comprarmi un vestitino, che invitarmi a cena. Ma tengo a sottolineare che l’amico in questione mi vede SOLO quando organizziamo cene o pranzi. Per forza poi mi dici “hai sempre fame”!

Comunque io mangio, e mangio perché ho fame.
Quando? quasi sempre…. ad esempio:

perché sono stressata; quando la mattina arrivo in ufficio, dopo aver trascorso più di un’ora tra metro, bus e diligenza postale, ho bisogno di ricaricare le “batterie”, quindi passo prima al bar, mi affogo di cappuccino con due cornetti e poi corro in ufficio.

quando arrivo a casa e mentre sto cucinando. Perchè dopo una giornata di lavoro e corse varie per inseguire i mezzi pubblici, devo riprendermi. Appena apro la porta di casa ho bisogno di fare un pieno di calorie. Mentre mi spoglio per la doccia, agguanto un pacchetto di crackers o una bella fetta di pane casareccio, e lo finisco prima di entrare sotto l’acqua. Evito di annusare il bagnoschiuma alla vaniglia, altrimenti rischio di ingoiare anche quello.
E dopo, mentre spadello in cucina, mastico altri pezzi di pane, possibilmente oliati, distribuendo briciole da tutte le parti.
Lo faccio apposta, così ho un buon motivo per usare l’aspirapolvere Rumba :)

mangio quando ho dormito poco, soprattutto il dolce sembra diventare particolarmente appetitoso quando devo vincere il sonno. Alla faccia del diabete, mi ingozzo di caffé (ovviamente!) e biscotti e cornetti come se fosse l’ultimo giorno della loro produzione.

mangio quando sono innamorata: (in questi ultimi tempi non molto)

mangio quando non sono innamorata (praticamente sempre….)

Ma do il meglio quando devo servirmi al buffet. Sono una stratega nel costruire un piccolo Empire State Building sul piatto, fatto di tramezzini, canapè, risotti freddi, gamberetti, pizzette rosse, affettati, con finale di patatine fritte.
E orgogliosa della mia struttura, sono quella che riesce a guadagnarsi un posto a sedere. Ma anche se resto in piedi non mi faccio problemi.

Perciò che vi devo dire? Si forse avete ragione voi: ho sempre fame, però riesco a stare in perfetta forma fisica perché conquistare un piatto è una corsa all’ultimo respiro, e sono capace di fare kickboxing per conquistare una fetta di torta.

Bene, tenetevi pure il vostro petto di pollo alla griglia con verdura scondita. Io ho bisogno del mio buon umore, e passatemi il cellulare che devo postare la foto della mia amatriciana.
Ciao INVIDIOSI ATLETI!!!


p.s.: sono il velociraptor dei buffet. Sapevatelo!

(da Braciamiancora.com)

domenica 6 dicembre 2015

Un post semplice. Prima del Natale.

La paura. Una sconosciuta? No, per niente.

Tutti abbiamo paura di qualcosa, di quello che può sfuggire al nostro controllo, dell'imprevedibile o dell’imprevisto.
Ormai viviamo una paura quotidiana ; una paura di quello che succede o che potrebbe succedere durante la nostra giornata.

Lo dimostrano i continui commenti che senti dalle persone comuni, dagli articoli che leggi sui giornali, o dai programmi culturali televisivi.

C'è la paura della povertà, che avanza sempre di più nel nostro paese, e che il governo italiano non riesce ad arginare (?).
C'è la paura alimentare,  gli allarmismi su quello che mangiamo, cibi soggetti a trattamenti chimici per abbattere i batteri e, in alcuni casi, spacciati come “necessari” per aumentare la produzione.
C'è la paura delle malattie e dei virus, al punto tale che si ha paura anche per i vaccini.
E poi c'è la paura della “follia religiosa” che è diventato argomento fisso dei telegiornali.

Viviamo male in un mondo che ci fa male.
Viviamo con la paura di qualcosa che può succedere.

Ora, a parte eventuali discussioni su fobie personali, e/o sicurezza dei paesi, personalmente più di una volta mi viene da confrontare questi ultimi anni con quelli passati, quando non vivevamo tutta questa paura. Parlo, in particolare, degli anni settanta, periodo che ho vissuto intensamente e che mi manca tanto.

Ricordo che si parlava di vaccinazioni per la scuola e non c'era tutta questa paura sugli effetti che potevano dare o quanto altro.In fin dei conti è grazie ai vaccini che è stato possibile sconfiggere certe malattie, come la polio ad esempio (tanto per citarne una).

Si giocava per strada e ci si faceva male durante una partita a pallone, oppure andando in bicicletta, e il disinfettante era il classico fazzoletto bianco bagnato sotto l'acqua del “nasone” e messo sul livido, o sul graffio della caduta. Era un modo per tener pulita la ferita.
E non è morto nessuno.

Ci si arrampicava sugli alberi dei parchi per raccogliere le nespole. Le staccavamo dal ramo e le facevamo cadere a terra, poi, sempre con il solito fazzoletto bianco bagnato, le pulivamo la polpa  e le mangiavamo subito.

Ricordo che nel fine settimana si rientrava tardi a casa dopo la discoteca (anche alle due o tre di notte) e i nostri mezzi di trasporto erano motorini scassati, qualcuno aveva già la macchina perché aveva il “foglio rosa”. Ma rientravamo tutti interi ed in piedi, solo le orecchie erano ancora ronzanti per la  musica troppo alta e piedi gonfi per il troppo ballare.
Nessuno ha mai avuto problemi durante il ritorno a casa, nessuno si è perso per strada.
E se casomai succedeva qualcosa, si chiamava un amico da una cabina telefonica con il gettone, che subito usciva di corsa per venirti incontro e portarti a casa.

Non avevamo paura, forse perché eravamo tutti più vicini. Ci si faceva coraggio l'uno con l'altro, ci si confrontava e si discuteva. Ci si conosceva veramente.

Eppure erano anche  gli “anni di piombo”, gli anni in cui era facile sentire le sparatorie fuori dai licei “politicizzati” di quei tempi. C'erano le cariche della polizia durante i cortei, ma non ci importava. Noi marciavamo dritti su Via del Corso, direzione  Palazzo Chigi, con il volto scoperto e con bandiere e striscioni che inneggiavano alla libertà di scelta,  all'aborto, al diritto allo studio e al lavoro per tutti.
C'erano le telecamere della televisione che ci riprendevano e non ce ne fregava nulla.
Noi eravamo lì pronti a dare tutto pur di ottenere attenzione e – si lo ammetto! – a far paura ai nostri politici, a fargli capire che noi potevamo diventare il loro peggior nemico.

E adesso? Adesso non ci si parla più. Adesso cerchiamo cibi sempre più biologici, adesso respiriamo tutti i giorni le polveri sottili,  e la sera facciamo l'aerosol a casa. Adesso non facciamo i vaccini perché danno effetti collaterali. Adesso ci guardiamo intorno mentre aspettiamo la  metro, e guai se viene avvistato qualche zaino o borsa abbandonati sotto una panchina!

Proprio adesso che abbiamo una tecnologia capace di sostituire l’uomo durante un intervento chirurgico, adesso che stiamo ammirando le foto fatte su Marte, adesso che abbiamo internet che ci collega con un parente che vive nell’emisfero opposto, abbiamo paura.
Ora che potevamo essere liberi di goderci il mondo, di goderci la vita, abbiamo paura.
E mi dispiace dire a mia nipote “quanto erano magnifici quegli anni” , però  continuo a sperare in futuro diverso, perché sarebbe veramente uno spreco della vita non approfittare di essere felici con tutto quello che è stato scoperto…