venerdì 19 aprile 2013

Una giornata così...


Ma sei tutta matta?” dico quasi urlando a mia cugina per telefono, mentre lei continua a tirar giù varie motivazioni che vanno dalla “stai troppo a pensare” a “cosi respiri un po’ d’aria”. Mi ha nominato come adulto accompagnatore alla gita di mia nipote, e sono stata accettata.
Ed ecco che alle 8 del mattino sono davanti al piazzale della scuola, circondata da una orda di bambini di otto anni e una insegnante silenziosa con tanto di occhiali scuri, vestita sportiva, ma con un esaurimento nervoso in pieno corso. Dopo aver fatto il conteggio dei bambini, zaini, maglioncini, raccolto liste delle raccomandazioni materne sul mangiare, raffreddori e allergie varie, finalmente saliamo sul pullman.
Il mio posto è davanti, accanto all’insegnante, già munito di microfono. I bambini invece proseguono nel corridoio centrale.
Si passa all’ennesimo conteggio per vedere se ci sono tutti, poi si parte.
La porta si chiude facendo il classico suono a sbuffo, fuori i genitori cominciano a sbracciarsi per i saluti. Mi sembra la partenza del Titanic, sperando di non fare quella fine, però! L’insegnante acchiappa il microfono raccomandando a tutti inutilmente di star seduti, l’autista da una strombazzata e comincia a roteare il volante. Ok, ci muoviamo.
Dopo una decina di chilometri, le voci urlanti cominciano ad affievolirsi, il loro rumore viene lentamente sostituito da quello di pacchetti di merendine che si aprono, e sul pullman si sparge subito l’odore dolciastro del lievito e burro di fabbrica. Qualcuno con la merenda salutare preparata dalla mamma c’è, ma decide di barattarla per un saccottino del mulino bianco al cioccolato.
La prima destinazione è la visita al parco-zoo “dal vivo”, come recita un depliant che ho a disposizione.
Passiamo con il pullman all’interno del parco naturale, osserviamo qualche elefante, un paio di struzzi.
Qualcuno urla di aver visto un leone, impossibile risponde un altra con aria saccente, quelli cacciano solo di notte. Meno male, se per caso buchiamo una gomma almeno possiamo scendere per sostituirla. Riconosco che oggi non sono molto ottimista, ci mancherebbe che buchiamo una gomma; però l’idea del leone che dorme francamente non mi dispiace.
Arriviamo in uno spazio aperto e ammiriamo un paio di giraffe che comodamente stanno mangiando delle foglie strappate da un albero. Il mio ottimismo migliora, vedere quel collo lungo non posso immaginare il dolore che può avere una giraffa con la cervicale!.
Proseguiamo fino all’uscita del parco, la nostra nuova destinazione è il museo di pittori contemporanei. Pittori contemporanei? L’insegnante, che fino ad allora non aveva ancora aperto bocca, finalmente mi parla, e mi spiega che i tempi sono cambiati, ora le generazioni sono più avanti. Sarà, ma io non mi rimpiango i tempi che giocavo a pallavolo durante una gita.
Arriviamo al museo, l’autista è preso da un momento da Miami Vice, decide di fare una bella curva davanti al piazzale dell’entrata, girando lo sterzo con una mano, e voilà! Eccoci in sosta davanti alla scalinata, nonostante le varie borse e panini che sono rotolati per terra, devo riconoscere che scendiamo perfettamente davanti alla scalinata.
Tutti in fila per favore, e non muovetevi. Ordine non recepito: sale su per la scalinata una orda barbarica di bambini sudaticci e spettinati, inseguita da due adulti altrettanto sudaticci, ma urlanti come due gorilla.
Avanti contiamo se ci sono tutti. Perché? Temi che qualcuno sia rimasto a bordo a tenere in ostaggio l’autista? Lascio perdere e non lo dico. La conta comunque ha dato un risultato positivo; ci sono tutti.

Entriamo nel museo, accolti da una sensazione di fresco. Marmi lucidi da tutte le parti, e quadri di arte contemporanea, messi in fila lungo corridoi illuminati dal sole che entra da vetrate altissime. Confesso che ogni volta che entro in un museo subisco sempre quella sensazione di maestosità: è una sensazione bella, di rispetto. Anche i bambini ne subiscono il fascino, rimangono silenziosi, in fila dietro l’insegnante, con le faccine rivolte all’insù ad ammirare i quadri appesi. Non me l’aspettavo, avevo immaginato più confusione considerata l’età, ed invece sono tutti molto educati.
Ne vado orgogliosa, c’è anche mia nipote che partecipa…a proposito dov’è? Non la vedo in mezzo al gruppo, né lei, né le sue due amiche del cuore. Mi si gela il sangue.
Ritorno indietro di un paio di corridoi, chiedendo a vari custodi se hanno visto tre bambine insieme, ma nessuno mi sa rispondere. Ho il panico: perdere tre bambine così è davvero ridicolo! Cosa racconto a mia cugina? Che mi sono distratta per i quadri? O che ero troppo occupata a godermi il fresco dei marmi?
Mentre ripercorro con il cuore in gola i corridoi già visitati, mi ricordo una sala un po’ nascosta, forse sono lì.
Infatti le trovo tutte e tre che guardano, con la testa piegata al rovescio, un quadro di Paul Klee. Mia nipote vedendomi arrivare, mi corre incontro raggiante, annunciando che hanno scoperto che quel quadro è appeso al contrario. Scoppio in una risata sonora, anche per la tensione, l’abbraccio stretta a me, affondando il naso nei suoi capelli che sanno di buono. Ma mi faccio poi vedere arrabbiata per il loro comportamento: dovevano seguire il gruppo e perlomeno far presente che volevano fermarsi. Tenendoci tutte per mano, ci muoviamo di corsa per riunirci al gruppo.
La gita è quasi conclusa, dobbiamo fare solo la sosta per il pranzo, poi proseguiremo per il rientro.
Il pullman all’interno è una festa di voci e cartoline colorate, anche l’autista è di buon umore, ha regalato un fiore a me ed uno all’insegnante, che finalmente si è tolta gli occhiali scuri, rivelando un viso perfetto e due occhi nocciola dolcissimi.
Raggiungiamo un autogrill enorme e ci dirigiamo verso il parcheggio autorizzato. Scendiamo tutti insieme, ci contiamo un’altra volta, e poi saliamo su per le scale di entrata. Superiamo in corsa un gruppo di turisti, sperando di essere noi i primi a fare la fila per il pranzo. Arriviamo infatti che ancora ci sono pochissime persone nel salone e tutti insieme prendiamo i vassoi, scorrendo uno per uno, davanti alle vetrine appannate dei pasti caldi. Io resto fuori dalla fila per controllare che ognuno di loro prenda le porzioni giuste, la maestra invece che siano secondo le liste delle diete raccomandate dalle mamme. Poi finalmente ci sediamo comodamente ad un paio di tavoli lunghi. E’ divertente star a mangiare con loro, soprattutto vedere i dispetti che si fanno l’uno con l’altro, le loro rivalità su chi è più bravo a fare cosa. Ma prima di uscire è giusto che ci sia anche la pausa pipì.
Mia nipote subito mi chiede di accompagnare lei e le sue amichette ai bagni, mi piace essere considerata una capo banda, e in testa alla fila ci dirigiamo verso i bagni. Una pausa un po’ lunga, ma dobbiamo considerare i tempi della tenuta porta senza chiudere a chiave e le lavate di mano. Poi, sempre come capo banda, ritorniamo sul corridoio per scendere al parcheggio.
Ma qualcosa non va. Quando arriviamo alla fine delle scale, il posto è diverso, mia nipote però insiste che il pullman è dietro la fila delle macchine. Ci arriviamo ma non c’è.. abbiamo preso il corridoio nella direzione sbagliata. Tutti su a fare la scalinata di corsa, intruppando varie persone che scendono pieni di pacchetti e bottiglie d’acqua. Calma ragazze, non vanno via senza di noi, ma sbrighiamoci! gli dico mentre corriamo lungo il corridoio che fa da cavalcavia dell’autostrada. Chi passava in quel momento poteva gustarsi la scena: una banda di bambine, armate di cappellini, accompagnate da una adulta che è più ragazzina di loro. Guarda zia: c’è la rivista che ti piace qui! Non è il momento, andiamo.
Scendiamo giù le scale dalla parte giusta e tutte insieme raggiungiamo il pullman già pronto con motore acceso. Saliamo di corsa, finalmente si va verso casa. Posso dire che mi sento sollevata? Si che lo posso dire. Che giornata!
Arriviamo a scuola, ci sono vari saluti e strette di mano; prendo mia nipote per portarla a casa, le sue due amichette si avvicinano per salutarmi, e una di loro mi dice “Signora la prossima volta ritorna con noi in gita? Perché lei è veramente un “taglio”?”
Mi fa piacere che me lo abbia chiesto… ma vedremo!



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