domenica 23 ottobre 2011

Non sei cambiata affatto!!

E’ davanti a me. Non posso non riconoscere la sua voce e la sua camminata. E’ stata per anni una mia compagna di scuola, frequentavamo la stessa comitiva e spesso facevamo viaggi insieme.
Poi finiti gli esami di maturità, ci siamo iscritte insieme all’università. E in seguito è successa la vita che ha stravolto i nostri progetti. Tutte e due abbiamo trovato un lavoro durante gli anni universitari e i tempi tra un esame e l’altro si sono quindi notevolmente dilatati.
Non ci siamo più frequentate. Io sono stata trasferita a Milano, lei ha conosciuto poi un ragazzo. Poi si è sposata ha avuto figli e si è laureata. Io no. Non mi sono mai sposata, e quindi non ho avuto figli. Non mi sono laureata – anche se continuo a sperarci, visto che ho un buon numero di esami ancora validi -. Ma nonostante tutti gli anni ormai passati, la riconosco lo stesso. E’ più rotonda – beh non siamo più ragazzine ovviamente, inoltre ha avuto due gravidanze – ma il suo sguardo è sempre lo stesso: superbo e sicuro di sé.
Confesso che non so cosa fare. Una parte di me dice di far finta di nulla e continuare a camminare avanti. Un’altra invece mi dice di avvicinarmi a lei e salutarla. Il mio personal assistant Willy, ha la meglio: mi sussurra all’orecchio che dopo tutto sono passati anni, che siamo tutte e due più mature, che abbiamo le nostre vicissitudini, e gli screzi avuti ai tempi del liceo ormai sono acqua passata. Che ritrovare una amicizia che hai avuto nell’adolescenza (quella maledetta adolescenza!) non è facile. Accelero il passo. La raggiungo e urlo il suo soprannome da dietro le spalle. Si volta verso di me e sgrana gli occhi: “Patti!! Come stai? Non sei cambiata affatto!” – “Neanche tu! Ti ho riconosciuto subito!” – Baci e abbracci. In dieci minuti ci raccontiamo la nostra vita, potere della sintesi, ma direi potere di non voler aggiungere altro. Hai visto quello, ho incontrato quell’altro, hai saputo di questo e così via. E’ un sabato affollato per le vie di Roma, la gente ci gira intorno per vedere le vetrine. “Lo sai che mi sono laureata? Con il massimo dei voti!” – gli rispondo che lo so, grazie ad un’altra compagna di classe incontrata tempo fa che mi ha aggiornato su un po’ tutta la classe. “E mi sono sposata! Lui è un pezzo grosso del ministero, abitiamo in una villa appena fuori città, così i bambini crescono con l’aria buona. E tu?” mi chiede mentre butta un’occhiata alla mano sinistra senza fede nuziale. “Io no. Non mi sono sposata, non ho incontrato l’uomo giusto”- “Uhm! Ma che fai allora? Lavori?” – si lavoro. E gli racconto dove. “Manonmidire! Tu? Così brava a scuola, lavori come semplice contabile in una officina meccanica! Non ci posso credere?! Io sono diventata funzionario al  ****, e sto facendo ancora carriera. Sono qui in centro perché ho deciso di farmi un bel regalo visto che ho ottenuto un nuovo incarico: sto andando a vedere una giacca da Gucci” sorride buttando la testa indietro e sistemando automaticamente con un leggero colpo di mano la ciocca di capelli che aveva davanti. Rispondo no grazie ho già un appuntamento con alcune amiche più avanti. “Peccato! Comunque possiamo scambiarci i numeri di telefono, casomai capitasse di organizzare una cena, ci si può rivedere con qualcun’altra della classe. Ma dimmi tu! Che sfortuna che hai avuto! Mia madre me lo diceva sempre: chi prende tanti bei voti a scuola, poi nella vita invece non combina nulla di buono!! Eh!” mi scrive il suo cellulare su un biglietto da visita che recita il suo nome e cognome, la sua laurea e il suo grado di lavoro. Io non ho biglietti da visita (non ne ho mai avuto il bisogno di farli), così lei ne tira fuori un altro dei suoi e me lo passa per scrivere il mio cellulare. E lì che succede: scrivo il numero sbagliato. Si lo so: era meglio essere sincere e dire senti non mi va di rivederti, considerata l’arroganza che ancora non ti è passata. Ma non lo faccio perché temo di sentirmi rispondere da lei che sono invidiosa.
Non sono invidiosa, anzi. Io sono quella che aveva dei bei voti a scuola, perché mi piaceva quello che studiavo. Ma sono quella che passava i compiti in classe. Sono quella che suggeriva durante le interrogazioni. Sono quella che ha passato il tema di inglese agli esami di maturità alla mia compagna di fronte che aveva una media bassa.
Non mi sono laureata. Non mi sono sposata, Non ho figli (e Dio solo lo sa se li avrei voluti) Non ho un buon lavoro, e sto anche rischiando di perderlo per via della crisi economica. Ma sono quella che ancora gli scappa da ridere fino alle lacrime quando vede un film divertente, sono quella che ancora oggi indossa i jeans skinny di LJ e la maglietta con Paperino disegnato su. Sono quella che si incanta davanti ai charms delle fiabe di Swarosky. Sono quella che ancora ha un sogno e lo sta inseguendo e che presto si realizzerà. Sono quella che ha Willy accanto che le sorride, senza essere visto da nessuno, perché esiste solo per me. E sono quella che riceve le telefonate dalle amiche che le chiedono: “Ehi ti va di fare una passeggiata, poi cinema e un pezzo di pizza sedute sulle scale di Piazza di Spagna?” – Certo che mi va. Sono già pronta. Ti passo a prendere io!





Nessun commento:

Posta un commento