Dentro la
metro, ma a fine giornata. La folla si dilegua alla fermata della stazione
centrale, trovo un posto per sedermi.
Apro la
borsa e, come un cane da tartufi, cerco il cellulare. Inizio a scrollare le
immagini sul display, leggo frasi di amici, di poeti, di nuove situazioni
sentimentali. Mi accorgo di sorridere, perché è bello vedere come la vita sia
sempre in fermento. Come qualcosa possa cambiare anche in pochi minuti.
Alzo lo
sguardo e mi accorgo di una donna seduta vicino a me. Non saprei dire che età
abbia, le dita sono agili sul touchscreen, il suo viso concentrato. Riesco a
vedere i suoi occhi: chiari come una giornata al mare, i capelli sottili che le
scendono a piccole ciocche sul viso.
Anche lei tira
su lo sguardo e si volta verso me. Ha un viso triste. Occhi come un mare calmo,
profondi, ma fino alla tristezza.
Mi sorride
appena, ricambio il suo sorriso.
Dopo
qualche minuto si rivolge a me con un accento straniero dell’est, ma in
italiano corretto: “Per fortuna questi nuovi cellulari ci permettono di tenere
i contatti!” Sì, è vero. E’ proprio questo il lato bello della tecnologia,
quando dona un benessere democratico e facile per tutti.
Ma perché
quella tristezza? “Quanto vorrei ora abbracciare la mia famiglia e le mie
amiche! Mi mancano tanto!” La tristezza della lontananza. Il bisogno di un
abbraccio: ecco cosa dovrebbe migliorare la tecnologia! Penso dentro di me. Ci
si arriverà?
Un giorno
tutto cambierà, sono sicura che l’amore che provi per loro verrà presto
ricompensato. Le dico.
E i suoi occhi
si illuminano come il mare, ma questa volta come il mare alla mattina presto,
quando il sole è ancora fresco di colore, e ritorna a mirare il touchscreen.
Intanto è
arrivata la mia fermata. Mi alzo e mi fermo davanti alle porte di uscita. Vedo
lei che mi sorride e mi sussurra “Grazie! Buona serata!”
Buona
serata a te! E abbi cura dei tuoi occhi: quando metti qualcosa dentro la tua
anima, i tuoi occhi diventano splendenti…
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