domenica 6 dicembre 2015

Un post semplice. Prima del Natale.

La paura. Una sconosciuta? No, per niente.

Tutti abbiamo paura di qualcosa, di quello che può sfuggire al nostro controllo, dell'imprevedibile o dell’imprevisto.
Ormai viviamo una paura quotidiana ; una paura di quello che succede o che potrebbe succedere durante la nostra giornata.

Lo dimostrano i continui commenti che senti dalle persone comuni, dagli articoli che leggi sui giornali, o dai programmi culturali televisivi.

C'è la paura della povertà, che avanza sempre di più nel nostro paese, e che il governo italiano non riesce ad arginare (?).
C'è la paura alimentare,  gli allarmismi su quello che mangiamo, cibi soggetti a trattamenti chimici per abbattere i batteri e, in alcuni casi, spacciati come “necessari” per aumentare la produzione.
C'è la paura delle malattie e dei virus, al punto tale che si ha paura anche per i vaccini.
E poi c'è la paura della “follia religiosa” che è diventato argomento fisso dei telegiornali.

Viviamo male in un mondo che ci fa male.
Viviamo con la paura di qualcosa che può succedere.

Ora, a parte eventuali discussioni su fobie personali, e/o sicurezza dei paesi, personalmente più di una volta mi viene da confrontare questi ultimi anni con quelli passati, quando non vivevamo tutta questa paura. Parlo, in particolare, degli anni settanta, periodo che ho vissuto intensamente e che mi manca tanto.

Ricordo che si parlava di vaccinazioni per la scuola e non c'era tutta questa paura sugli effetti che potevano dare o quanto altro.In fin dei conti è grazie ai vaccini che è stato possibile sconfiggere certe malattie, come la polio ad esempio (tanto per citarne una).

Si giocava per strada e ci si faceva male durante una partita a pallone, oppure andando in bicicletta, e il disinfettante era il classico fazzoletto bianco bagnato sotto l'acqua del “nasone” e messo sul livido, o sul graffio della caduta. Era un modo per tener pulita la ferita.
E non è morto nessuno.

Ci si arrampicava sugli alberi dei parchi per raccogliere le nespole. Le staccavamo dal ramo e le facevamo cadere a terra, poi, sempre con il solito fazzoletto bianco bagnato, le pulivamo la polpa  e le mangiavamo subito.

Ricordo che nel fine settimana si rientrava tardi a casa dopo la discoteca (anche alle due o tre di notte) e i nostri mezzi di trasporto erano motorini scassati, qualcuno aveva già la macchina perché aveva il “foglio rosa”. Ma rientravamo tutti interi ed in piedi, solo le orecchie erano ancora ronzanti per la  musica troppo alta e piedi gonfi per il troppo ballare.
Nessuno ha mai avuto problemi durante il ritorno a casa, nessuno si è perso per strada.
E se casomai succedeva qualcosa, si chiamava un amico da una cabina telefonica con il gettone, che subito usciva di corsa per venirti incontro e portarti a casa.

Non avevamo paura, forse perché eravamo tutti più vicini. Ci si faceva coraggio l'uno con l'altro, ci si confrontava e si discuteva. Ci si conosceva veramente.

Eppure erano anche  gli “anni di piombo”, gli anni in cui era facile sentire le sparatorie fuori dai licei “politicizzati” di quei tempi. C'erano le cariche della polizia durante i cortei, ma non ci importava. Noi marciavamo dritti su Via del Corso, direzione  Palazzo Chigi, con il volto scoperto e con bandiere e striscioni che inneggiavano alla libertà di scelta,  all'aborto, al diritto allo studio e al lavoro per tutti.
C'erano le telecamere della televisione che ci riprendevano e non ce ne fregava nulla.
Noi eravamo lì pronti a dare tutto pur di ottenere attenzione e – si lo ammetto! – a far paura ai nostri politici, a fargli capire che noi potevamo diventare il loro peggior nemico.

E adesso? Adesso non ci si parla più. Adesso cerchiamo cibi sempre più biologici, adesso respiriamo tutti i giorni le polveri sottili,  e la sera facciamo l'aerosol a casa. Adesso non facciamo i vaccini perché danno effetti collaterali. Adesso ci guardiamo intorno mentre aspettiamo la  metro, e guai se viene avvistato qualche zaino o borsa abbandonati sotto una panchina!

Proprio adesso che abbiamo una tecnologia capace di sostituire l’uomo durante un intervento chirurgico, adesso che stiamo ammirando le foto fatte su Marte, adesso che abbiamo internet che ci collega con un parente che vive nell’emisfero opposto, abbiamo paura.
Ora che potevamo essere liberi di goderci il mondo, di goderci la vita, abbiamo paura.
E mi dispiace dire a mia nipote “quanto erano magnifici quegli anni” , però  continuo a sperare in futuro diverso, perché sarebbe veramente uno spreco della vita non approfittare di essere felici con tutto quello che è stato scoperto…





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